“A Corajisima”

La Quaresima, nella tradizione popolare, è la vedova di Carnevale, rappresentata come donna magra e vestita con abito nero.

A Corajìsima, appunto la ritroviamo nelle rappresentazioni farsesche o come bambola sospesa a finestre e balconi, dal mercoledì delle ceneri sino a Pasqua. Questa pupattola di pezza ha ai piedi o in testa un’arancia o una patata con conficcate sette penne di gallina, che vengono poi tirate via una ogni domenica di Quaresima, l’ultima, il giorno di Pasqua. Tra una mano e l’altra, la bambola trattiene un filo di lana che va dalla conocchia al fuso. Il filo rappresenta lo scandire del tempo, di questi quaranta giorni di penitenza e digiuno dalle carni, di comportamenti sobri e in generale privi di eccessi alimentari, un tempo osservati con maggiore rigore.

Una tradizione questa molto antica ed ancora in uso in diverse zone dell’Italia meridionale e centrale, in alcune delle quali viene indicata come «quarantana». Le aree dove le corajisime sono maggiormente presenti sono la fascia jonica catanzarese, le preserre, qualche paese del Vibonese e alcuni borghi del territorio cosentino e reggino. Tra i paesi del Catanzarese, oltre ad alcuni rioni del Capoluogo, le corajisime sono ancora presenti a San Floro, Nicastro, Amaroni, Girifalco, Montepaone, Soverato, Satriano, Davoli, Badolato, Santa Caterina, Guardavalle.

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